Tre personaggi si legano in una vicenda che ha le tensioni cinematografiche di un poliziesco alla Hitchcock. Si tratta invece di una pièce teatrale, costellata di indizi, sospetti, piste e coincidenze che portano la firma di uno dei più inventivi registi internazionali, il canadese Robert Lepage, mago, come suggerisce il titolo, nella “moltiplicazione delle scritture”.
Polygraphe è un thriller teatrale che ha che fare con la verità e i tanti modi in cui la si può leggere. La verità dei fatti e quella della fiction. La verità delle reazioni fisiologiche e quella delle convinzioni soggettive. La verità della macchina della verità.
Ideato nel 1988, quando la storia apriva le prime crepe sul Muro di Berlino, lo spettacolo si è evoluto nel tempo. Del Muro ha fatto un potente simbolo narrativo e un elemento di grande resa scenografica. Basta la parete di mattoni rossi e qualche essenziale accessorio (un lavandino, il carrello dell’obitorio, anche soltanto il trasudare rosso del sangue tra i mattoni) per definire la sintassi veloce di luoghi e immagini che Lepage e la coautrice Marie Brassard impongono allo spettacolo, riallestito dopo che la versione in pellicola è stata presentata al Festival di Cannes e dopo oltre un decennio di repliche, ora in triplice versione canadese, spagnola e italiana. Con la traduzione di Franco Quadri, in Italia Polygraphe ha per interpreti Stefania Rocca, Nestor Saied e Giorgio Pasotti, e vede impegnato nella coproduzione il Centro Servizi e Spettacoli di Udine.