Bologna – Il problema dell’identità nel corpo in mutazione è al centro del festival “Mutanti di fine Millennio – il nuovo corpo in scena nel caos metropolitano”, che il Teatro Polivalente Occupato (TPO) di Bologna presenterà nei prossimi giorni. Si tratta di un progetto (sostenuto dalla Regione Emilia Romagna) che accoglie artisti e performer di diversi paesi, la cui ricerca teatrale si basa su di un uso particolare del corpo nell’atto scenico. Una ricerca che, utilizzando linguaggi diversificati, approda ad esiti estremamente innovativi.
Al festival del TPO parteciperanno, da 10 al 15 aprile, artisti conosciuti insieme a giovani che in Italia hanno trovato scarsi spazi di comunicazione. E’ il caso del nuovo spettacolo di Marcel.li Antunez Roca, Afasia, che inaugura la rassegna (il 10 e l’11). Qui il fondatore del noto gruppo catalano Fura dels Baus, e tra i primi a studiare questi percorsi espressivi del corpo, indaga le possibilità interattive e ipermediatiche dei linguaggi multimediali e le interfacce corporali. L’italiana Teddy Bear Company sarà in scena, giorno 12, con Coppie d’amore. Ricerche e materiali sulla correlazione sessuale tra diversi nuclei familiari nel panorama dell’eros oggi, un lavoro articolato su body painting, body art, azionismo anni 70, fotografia e cinema.
Un viaggio attraverso la preparazione di un delitto è Murder in wc, secondo e terzo microatto (il 12 e il 13), opera che segna la terza tappa del percorso di ricerca del bolognese Teatro della Polvere, con un duello tra attore e immagini.
“Mutanti di fine Millennio” prosegue il 13 aprile con La Winna. Ro‘RanGiàVerCelIndaViò del Gruppo Poli(s)tyle, spettacolo dove spazio e tempo si annullano nel raccontare identità e rapporti tra individui; il 14 con Pinocho della compagnia milanese Estenombre; e con Sala Amleto una sorta di macchina spettacolare messa a punto da Otto (Marco Mercante). Il festival si chiude, giorno 15, con Ron Athey che presenterà Suicide/Tattoo Salvation, Sebastian/Zen Garden, Solar Anus. Anche in questa sua opera l’artista di Los Angeles provoca un incontro tra culture, dove, attraverso un corpo-oggetto martoriato e offeso, avviene la riappropriazione di un’identità, scelta e non subita. Lo spettacolo – come il martirio – si compie con la sofferenza del corpo per giungere in fine alla catarsi.