Bari – Stanze abitate dal vento. Stanze senza pareti, alte, delimitate da colonnine metalliche. Chiuse da superfici trasparenti e da specchi. Schermate sul davanti da veli sottili, smossi da ventilatori.
È imponente e leggera la struttura costruita da Motus per Orpheus glance, regia di Enrico Casagrande e drammaturgia di Daniela Nicolò, l’ultimo approdo di una ricerca su Orfeo che dura ormai da tre anni. Ha debuttato al Teatro Kismet di Bari all’interno di “Fronte del porto”, una rassegna che ha messo a confronto dal 30 marzo al 4 aprile cinque compagnie della nuova scena italiana (oltre ai Motus erano presenti Marco Manchisi, Fanny & Alexander, Crest-Liberamente, Moretti-Papafava-Redi).
Due torri laterali, un ambiente centrale rientrante, stanze disposte su due piani, un salotto, una cucina, una stanza da letto, un albero di Natale illuminato, un vano doccia, un telefono… Metallo, minimalismo e barocco, rosso e nero, segni di vita animale. Specchi sul fondo. In primo piano un trenino deragliato e un modellino di palazzo proveniente da “Italia in miniatura”: Rimini, l’industria del divertimento. E il mistero.
Latrati di cani, mugolii di animali, colpi. E appare Orfeo: un cantore dalla voce roca, di quelle che fanno venire i brividi, un punk dalle profonde sonorità blues e soul. Orfeo come Nick Cave. Canto incantatorio che apre le porte di una discesa agli inferi che diventa tensione verso la donna e confronto con un re dell’Ade abbigliato di nero, come un killer firmato Armani. Irruzioni dell’altro mondo. Un trapezista tatuato precipitato dalle Elegie duinesi di Rilke a volteggiare in quel cielo di piombo, una pistola, un volo d’uccelli notturni, una madonna colorata e decorata con fiori di plastica, icona kitsch. In quelle stanze di tutti i giorni si consuma la vicenda mitica con una incrinatura di dolore che ci riguarda, spreco di poesia di fronte alla morte, alla materia inerte, insensibile. Una discesa dietro gli schermi. Atti abitudinari e sconsolati, sempre sul punto di esplodere, rifratti in specchi che assorbono e sdoppiano l’immagine creando fughe verso presepi amorosi ambientati fra ghiacciai da cartolina, un poster per fondale, o verso teche di sepolcri barocchi.
Lo sguardo dello spettatore diventa protagonista, come già nei lavori che precedevano questo provvisorio punto di arrivo del percorso di una compagnia che ha nel nome stesso l’idea di un teatro in movimento continuo. A Sarajevo, dove tutto è iniziato, si leggevano i Sonetti a Orfeo di Rilke in bosniaco, ma si interpretava anche la voce della città sventrata dalla guerra, suoni e rumori in interferenza con l’Orfeo di Monteverdi. Poi sono venuti allestimenti dove gli spettatori dovevano penetrare scegliendo le visioni, entrando con gli occhi in scene che si svolgevano dietro specchi che all’improvviso gli rimandavano la propria immagine di voyeur. Salotti borghesi che generavano inquietanti fantasmi.
In Orpheus glance la disposizione frontale non elimina la necessità dello spettatore di montare con la propria visione l’evento, che rifiuta ogni narrazione e si offre come monumento continuamente cangiante, rapito e moltiplicato dal fremito della transitorietà e dall’estasi della distanza. Orfeo nel teatro moderno è l’anti-Amleto: il melodramma, l’opera totale che richiama cieli, inferi e l’affettività com-movente della musica, contro il dramma umano, terreno, dialettico, che ha nello sviluppo la propria chiave. Orfeo vive nella ripresentazione e nella variazione minuta di uno stesso mitologema, Amleto nell’interpretazione sempre aperta delle ragioni di una crisi.
I Motus riescono a creare una liturgia non scontata in cui pulsa l’ossessione del tempo e della morte che incombono sul trascorrere dei giorni. Pistole, crisantemi, corpi irraggiungibili, travestimenti con i panni dell’amata, freddezza che si scioglie nel suono di uno strumento acustico, ore felici passate su una spiaggia con l’innamorata rievocate attraverso la proiezione di diapositive, scoppi di violenza nel deserto di sentimenti. Mito e banalità di tutti i giorni. Una nota folle, una disperata, un riminese guizzo felliniano. Identità dei personaggi continuamente in bilico. L’ombra di Rilke e quella di Jean Cocteau, del suo film su Orfeo, di una surrealtà che irrompe nel salotto borghese dell’artista.
In questi paesaggi i personaggi sono in continuazione assorbiti dagli specchi, che moltiplicano, rivelano, ingoiano, oscurano. E le situazioni si accendono in una giostra senza centro di sprechi di energia implosa. Monteverdi si incrocia con una canzone da Querelle di Fassbinder, con ululati, rumori. Solo la voce calda e la presenza carismatica del corpo di Orfeo riscalda questa glaciale girandola dove niente rimane uguale a se stesso troppo a lungo, pronto a diffrangersi all’infinito, come le immagini dei protagonisti nella scena del luna park nella Signora di Shangai di Orson Welles.
Lo sguardo che trova Euridice per un attimo per perderla per sempre è diventato molteplicità, possibilità infinite, vertigine.
Alla fine resta solo il vento nella scena vuota di esseri umani, a smuovere i veli. Ma poi torna Dany Greggio, il protagonista, una vera scoperta. Con uno scatto scatena gli applausi per questa performance che richiede di attivare altre capacità percettive, di sentire, di proiettarsi dentro, dietro lo schermo. Oltre lo specchio di fondo, nel quale ora siamo riflessi tutti noi spettatori, insieme al protagonista e ai suoi compagni, ambigui, forti, fragili, bravi: Cristina Negrini, Tommaso Maltoni, Enrico Casagrande.
Dopo il debutto barese lo spettacolo Orpheus glance sarà in scena (il 7 aprile) al Teatro Verdi di Martina Franca (TA); al Teatro Sanzio di Urbino (il 13 e 14); al Teatro Studio di Scandicci (FI) dal 27 al 29. Poi, al Kampnagel di Amburgo dal 3 al 6 maggio; al Koreja di Lecce (il 12); a Infinito Ltd Performing Arts Festival di Torino (dal 16 al 18); al Teatro delle Saline di Cagliari (dal 23 al 26); al Crt Teatro dell’Arte di Milano (dal 30 maggio al 3 giugno); al Teatro Quirino di Roma (15 e 16). Inoltre, sempre a giugno, lo spettacolo parteciperà a Eurokaz di Zagabria e poi a luglio al Festival di Santarcangelo.