
Il dramma di Napoli milionaria, nella versione cinematografica, si proietta così fino al 1950, che è l’anno stesso di un testo singolare e misconosciuto, portato sulle scene al Festival veneziano della prosa e non più ripreso da quella lontana stagione: La paura numero uno dove si riflette, in un originale disegno, la psicosi bellica variamente diffusa all’epoca, e che avrebbe avuto speciale alimento dall’esplodere di un conflitto armato nella pur remota Corea, dove venivano a confrontarsi i “blocchi” nei quali il mondo era allora aspramente diviso. Anche in Napoli milionaria, il film, si avverte l’incombere d’un tale pericolo, come se la “nuttata” di cui parla il protagonista non sia destinata a “passare” mai.

A riaccendere, dunque, la discussione non troppo oziosa sui rapporti tra cinema e teatro (o viceversa) può contribuire la rinnovata visione della pellicola eduardiana, restituita nel suo magnifico “bianco e nero” (firmato da un maestro in tale campo, Aldo Tonti) grazie al sapiente impegno di Giuseppe Rotunno, e per volontà di Aurelio De Laurentiis, detentore dei diritti sul film, prodotto, nel 1950, dal capostipite della famiglia, Dino. Un contenzioso si è aperto, purtroppo, con la Scuola Nazionale di Cinema, che avrebbe voluto procedere essa, in prima persona, al restauro. Non vorremmo (sono cose che succedono, in Italia) che da ciò derivasse un’ulteriore difficoltà per la conoscenza di un’opera non marginale del genio napoletano.