Roma – Accompagnato dalle roventi polemiche delle ultime settimane, che purtroppo hanno gettato più di un’ombra sui vertici del Campidoglio, il World Gay Pride si terrà nella città papalina, con o senza patrocini. E ci auspichiamo che il raduno possa diradare un poco questa nera coltre, oscurantista e densa di intolleranza. La gioia e l’ironia talvolta compiono – col permesso della santa sede – “miracoli” e la conoscenza, il contatto con la “diversità”, ancora di più. E’ vero pure che l’arretratezza così diffusa nelle istituzioni non lo è altrettanto nel popolo, al quale, poi, resta sempre la possibilità di barricarsi in casa per la paura e la vergogna. Si ricordino, però, quelli che non parteciperanno alla parata che solo scendendo in piazza potranno godere dello spettacolo, visto che a differenza del Carnevale di Rio de Janeiro, dove sui carri abbondano culi e tette al vento, questa festa non sarà trasmessa in diretta televisiva.
Una tale levata di scudi sta producendo significative azioni di risposta anche in ambito teatrale. E’ il caso del duo Paola Sambo – Gloria Sapio, che nel corso del loro decennale sodalizio artistico sono tornate sistematicamente a un teatro di impegno civile e politico, sempre tinteggiato di ironia e servito con i ritmi del comico. Le abbiamo ascoltate Sambo e Sapio, le quali in occasione del raduno mondiale riportano a Roma (dal 4 al 9 luglio al Teatro Belli) Peg e Gracie – dos lesbos, una commedia quasi musicale allestita nel 1998 nell’ambito della rassegna romana dedicata al teatro omosessuale “Garofano verde”.
Si può dire che in questa occasione voi come donne di teatro vi siate sentite “obbligate” a riprendere un testo così connotato come questo di Terry Baum e Carolyn Myers (tradotto da Sapio con Enrico Luttmann)?
PS – “Obbligate” molto volentieri, lo riprendiamo con piacere.
GS – E con dispiacere. Abbiamo sentito un forte dispiacere, nel constatare quanto l’Italia sia indietro e scoprire una sua parte profondamente reazionaria. Abbiamo sentito la necessità di riproporre questo lavoro di due anni fa. Anche perché non ci risulta che il tema del lesbismo sia stato ripreso da altri con altrettanta decisione, almeno in ambito romano.
Le protagoniste sono due donne ed è raro incontrare testi costruiti su problematiche lesbiche. E’ come se si subisse un’emarginazione nell’emarginazione.
GS – Sì, le donne sono doppiamente emarginate, in quanto omosessuali a in quanto donne. Fin dall’edizione zero del “Garofano verde”, avevo sempre interpretato ruoli femminili in testi che parlavano dell’omosessualità maschile. Quindi, per l’edizione del ’98, volevo un testo che parlasse dell’omosessualità femminile. E non è stato facile trovarne uno che trattasse l’argomento senza cadere nell’ovvietà, che fosse una cosa contemporanea, vivace, che avesse uno spirito e che parlasse di problemi attraverso due personaggi reali. Insomma, cercavo qualcosa di simile a quei testi che conoscevo sull’omosessualità maschile. In particolare sono testi statunitensi, anticonvenzionali e spesso molto divertenti.
PS – Gloria, cercava un’opera che avesse una valenza sia artistica sia politica.
GS – Il testo, poi, corrisponde al nostro teatro. E’ costruito su due personaggi e ci sono le canzoni, che noi usiamo sempre nei nostri lavori.
Quindi, cercavate proprio un testo di forte impegno civile, non è stato un caso?
GS – Cercavamo una pièce che parlasse del lesbismo in chiave ironica, che fosse divertente. Certo, l’ho trovato in maniera fortuita sullo scaffale di una “normale” libreria di New York. Lì, non è necessario andare in librerie specializzate. In tutte ci sono intere sezioni “gay and lesbian”, con libri e opere teatrali. Fino a quel momento avevo trovato testi molto connotati politicamente a scapito della forma artistica.
Questo testo è del 1980, ma purtroppo non ha perso di attualità, anzi. In che modo il teatro può incidere sull’evoluzione culturale, sulla crescita di una coscienza civile?
PS – Quando abbiamo fatto Peg e Gracie, che poi abbiamo ripreso in autunno per un mese al Teatro Colosseo, una ragazza è venuta a dirci che dopo aver visto lo spettacolo aveva portato anche la madre per metterla davanti ad una realtà che in altri modi era difficile comunicarle.
GS – Questo è stato l’unico spettacolo che mi ha fatto ricevere molte lettere di persone che non conoscevo. Erano lettere di ragazze che ringraziavano. Dicevano di essersi identificate con i personaggi, lo spettacolo in qualche modo le aveva aiutate. La possibilità di aiutare qualcuno mi ha molto colpito. Anche se il teatro non ha la stessa diffusione della televisione o del cinema, arriva lo stesso a dei risultati.
In generale tenderei ad evitare la creazione di spazi protetti per le tematiche omosessuali, ma quello che sta avvenendo intorno al Gay Pride dimostra che in Italia la strada verso la conquista dei cosiddetti diritti civili è ancora lunga. Siete d’accordo nel circoscrivere in una rassegna questo tipo di teatro?
PS – Fino a quando uno spettacolo come il nostro non verrà inserito nei cartelloni delle stagioni teatrali, una rassegna tematica può servire a rompere il muro.
GS – Noi abbiamo proposto questo spettacolo in molti teatri ma non è mai stato accettato. Non si sentono di rischiare, in generale, su spettacoli piccoli come possono essere i nostri e, in particolare, su uno spettacolo lesbico.
PS – Nessuno accetta di ritrovarsi scritto in cartellone Dos Lesbos.
GS – Le ghettizzazioni si dovrebbero evitare, ma in Italia siamo in questa fase, quindi c’è ancora bisogno di un festival o di una rassegna.
PS – Si dovrebbe poter parlare di teatro senza specificare teatro gay e lesbico.
Anche con il vostro ultimo lavoro, Piccole donne, siete tornate a parlare della condizione della donna. Lo fate per scelta o è una cosa che esce fuori spontaneamente perché appartiene al vostro corredo cromosomico?
GS – Noi mettiamo sempre in scena delle cose che ci appartengono, non facciamo mai uno spettacolo perché lo dobbiamo fare.
PS – La ricerca parte da altre cose e poi approda lì, ma non vogliamo fare un teatro femminista. E’ vero pure che tante conquiste sono scontate solo intellettualmente, mentre nella vita quotidiana di molte donne rimangono irrisolte.
Il 4 luglio alla libreria Babele di Roma (ore 18.00) si terrà un incontro tra Paola Sambo, Gloria Sapio e le due autrici, Terry Baum e Carolyn Myers.