Santarcangelo (RN) – Lo spazio di Santarcangelo dei Teatri, oltre che di spettacolo, è anche luogo di incontro spontaneo – in piazza, nei bar o nei ristoranti – e organizzato. In quest’ultima categoria rientra il seminario curato dall’Ente teatrale italiano (Eti) e ospitato a questa trentesima edizione del festival, in coincidenza della conclusione del primo biennio del progetto governativo “aree disagiate”, che ha visto l’Eti impegnato nel sostegno e la promozione teatrale, in particolare nel Sud del Paese. L’occasione per questo primo incontro del resto è stata propizia, giacché nel cartellone dei “Trentanni” le produzioni meridionali sono raccolte in una sezione intitolata – con una formula forse non completamente felice – “Accampamento Sud”. Titolo che comunque esprime la frequente precarietà dello stanziamento produttivo nelle terre di origine e insieme la difficoltà di circuitazione di tali produzioni non solo nelle aree centro-settentrionali d’Italia, ma anche nello stesso Sud.
Basato sui risultati di uno studio dell’Osservatorio dello spettacolo (articolato sulla misurazione di indicatori di consumo culturale e di spettacolo a livello regionale e dei relativi flussi di investimento finanziario statale e locale), il progetto “aree disagiate” ha coinvolto sette regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Valle d’Aosta), nelle quali sono stati avviati rapporti di collaborazione con 24 realtà teatrali individuate sul territorio, tentando – forse per la prima volta in Italia – percorsi differenziati di intervento e andando ad interagire – e questa è la nota più innovativa – con le Amministrazioni locali. Nel corso del secondo anno, la stagione 1999-2000, in termini numerici il progetto ha sensibilizzato 23 Enti, tra Comuni, Provincie e Regioni, estendendosi in 24 città per un totale di 325 recite e ha visto la partecipazione di 112 compagnie, oltre alla programmazione di 365 giornate di laboratorio e attività culturali.
Ma al di là delle cifre che pure appaiono significative, il lavoro dell’Eti ha creato una sorta di rete, scaturita dalla messa in relazione delle diverse realtà produttive e attivata attraverso un nuovo modo di programmare-intervenire dal “centro” che ora sembra esportabile nelle zone teatralmente agiate della Penisola. Divenuto oggetto di attenzione, interlocutore paritetico e non assistito, il Sud sta emanando energia vitale in grado di alimentare l’intero sistema teatrale italiano. <<E’ diventato un laboratorio di strategie>> – ha sottolineato Clara Cottino di Crest – mentre si fa strada la convinzione che non sia più possibile <<ragionare sul progetto Sud, ma sul teatro in generale>> – come ha detto Lello Serrao di Libera Scena Ensemble. Pure le conclusioni di Giovanna Marinelli, direttore generale dell’Eti, sono andate in questa direzione, quando ha affermato che <<la rete deve uscire dal Sud>> e diventare un riferimento nella ricerca di nuove regole funzionali di relazioni, che siano basate su una qualità, quale quella espressa dal Mezzogiorno.
Certo, restano intatte annose problematiche, come la mancanza di strutture che, salvo alcune eccezioni (la riapertura a Castrovillari di un Teatro Comunale, per l’utilizzo del quale si spera possa essere coinvolta Scena Verticale), continuano a reprimere sviluppo creativo e occupazione e a favorire l’abbandono del territorio.
Due anni, difatti, sono troppo pochi per creare quello sviluppo territoriale del quale parla Onofrio Cutaia, responsabile del progetto Eti, e al quale mira l’intervento governativo. Nonostante esso sia già in programma per il prossimo biennio non riesce ancora ad infondere fiducia, specialmente tra i giovani. In proposito, sono da tenere nel dovuto conto le parole di Carla Monaco di Scena Verticale, che da un anno sta cercando un collaboratore per il suo lavoro di organizzatrice a Castrovillari. E non lo trova neanche tra coloro che sono usciti dai corsi di formazione professionale previsti dallo stesso progetto “aree disagiate”, i quali, potendo scegliere, sono andati a Nord. Tamponare queste migrazioni, o meglio ancora invertirne la direzione è uno dei compiti prioritari (lo sostenevamo anche lo scorso anno in occasione del convegno organizzato proprio a Castrovillari da Scena Verticale) di qualsiasi intervento, se si vogliono creare le condizioni per uno sviluppo diffuso del Meridione, per poterlo immaginare in un prossimo futuro affrancato da quell’aggettivazione tanto icastica, “disagiato”. Le maglie della rete sorta a Sud, che molti dei partecipanti al seminario hanno auspicato si possa distendere verso il Nord, potrebbero supportare anche l’apertura di scambi non solo artistici. Altrimenti le imprese culturali per il Sud d’Italia restano un’utopia.