Quando, nel 1998, si stava avviando il progetto “Tuttoteatro” – il sito internet che avrebbe ospitato la rivista settimanale – la mancanza di Dante Cappelletti si faceva insopportabile. Da due anni era scomparso nella maniera più tragica e ingiusta. Quanto avremmo avuto bisogno del suo sguardo di assenso e di rimprovero, della sua guida discreta eppure forte nella tensione pedagogica costante, che riusciva a scavare e a tirare fuori sempre la parte migliore e peggiore dalle soggettività con le quali si relazionava – e la sua morte atroce lo ha dimostrato una volta per sempre. Un’arte maieutica rara la sua, che si mescolava a una disponibilità, un candore e un’ingenuità nel dare e nel darsi che lasciava davvero spiazzati. All’Università non si cullava mai nel sonno accademico, apriva invece squarci d’indagine trasversali, provocava fratture che ciascuno avrebbe dovuto risanare col proprio pensiero, con la propria ricerca, talvolta in solitudine. La sua è stata una lezione di vita e non solo trasmissione di sapere.
Fin dall’inizio ho sentito che se fosse stato ancora tra noi avrebbe aderito al progetto impossibile di “Tuttoteatro” (la prima rivista teatrale italiana online di informazione e cultura teatrale – con questo slogan è stata lanciata), ne sarebbe stato ispiratore. E, comunque, lo è stato.
Con poche risorse finanziarie e attraverso contributi umani volontari, Tuttoteatro.com è divenuto in questi anni un’area di riferimento per la comunità teatrale – non solo italiana – e, in particolare, per quella più fragile e inquieta, meno visibile sui mezzi di comunicazione tradizionali. Uno strumento non di mera informazione o di contro-informazione (come si sarebbe detto in anni passati), ma una zona di circolazione dell’informazione, dove si tenta di arrestare il flusso consueto emittente-ricevente di trasmissione del messaggio, ponendosi all’ascolto di chi riceve, e ri-trasmettendo. Con il sostegno di compagni insostituibili, che sono oggi l’ossatura del Premio, Tuttoteatro.com si è costruito un’identità plurale, sensibile a forme e contenuti diversi, e ha raggiunto almeno un lembo degli intenti iniziali, trovare un modo per guardare, capire, cambiare una società profondamente ingiusta, attraverso l’arte teatrale nella sua complessità e permeabilità. Quel teatro simbiotico che si nutre delle sofferenze e dei disagi del nostro quotidiano e li restituisce nei formati e con i linguaggi che gli sono propri. È un teatro che non tranquillizza lo spettatore, anzi lo pone nel mezzo degli attuali conflitti e lo spinge a compiere delle scelte. Questo teatro si sta cercando e si vuole sostenere ora anche col Premio, strumento d’indagine nei territori dello spettacolo dal vivo.
La risposta degli artisti è stata straordinaria, a riconferma di una vitalità creativa sommersa e diffusa, che si fa portatrice di necessità contemporanee, in un confronto serrato col nostro recente passato. La Giuria ha lavorato su 138 progetti di spettacolo, arrivando a selezionarne 8 invece dei 6 previsti, per non sacrificare la ricchezza di idee, scritture e linguaggi delle opere in divenire proposte.
E ora le vedremo queste opere nella loro prima forma scenica, in questi due giorni al Valle.