Eccoci alla quarta edizione del Teatro Civile Festival di Legambiente, dedicata alle donne del Sud, dal titolo, lo stesso di FestambienteSud 2010, Sud Sostantivo Femminile. L’anno scorso abbiamo intitolato il festival “Tagli alla cultura, tagli alla civiltà”, per sottolineare che sottraendo risorse a cultura ed educazione si finisce per assecondare il lento (manco troppo) scivolamento verso la barbarie e verso la marginalità economica e sociale dell’Italia. Purtroppo questa tendenza a tagliare la cultura va avanti e la finanziaria di quest’anno è peggiore di quella dell’anno scorso. La qualità culturale del territorio è premessa e conseguenza della sua qualità ambientale. La cultura, l’educazione e la sostenibilità non possono subire tagli, e noi le associamo in questa edizione che ospita, oltre al teatro e altre forme d’arte, anche una summer school sul tema “educare nell’epoca dei cambiamenti climatici”. Più esplicito di così il nesso tra cultura e impegno civile per il cambiamento non poteva essere. Il programma che segue va integrato con due opere (il Telemomò live di Andrea Cosentino, la nostra coproduzione di quest’anno che racconta la nuova emigrazione giovanile, che ha debuttato a Vico del Gargano il 9 luglio scorso e verrà riproposto in appendice il 30 luglio; e Poliziotta per amore, testo di Nando dalla Chiesa interpretato da Beatrice Luzzi, che chiuderà FestambienteSud e Teatro civile festival in appendice l’1 agosto). Due ringraziamenti. All’ottima direttrice artistica Mariateresa Surianello, con la quale abbiamo stretto una sorta di “patto di solidarietà culturale” in questo momento difficile. All’assessore regionale Silvia Godelli, che ha saputo far crescere e poi mettere in salvo dalla crisi dei pezzi importanti del panorama culturale della nostra regione, creando un sistema regionale della cultura e dello spettacolo che sta diventando modello nazionale. A lei tutta la nostra riconoscenza.Franco Salcuni Nota della direzione artisticaNel mezzo della tempesta che sta travolgendo l’Italia della cultura, Legambiente rinnova l’appuntamento a Monte Sant’Angelo con il Teatro Civile Festival. Una quarta edizione sofferta, forse più delle precedenti, e di nuovo organizzata non solo come atto di resistenza ma proprio come occasione di ricongiungimento della società civile con l’arte che più la rappresenta e ne tiene alti i valori. Insieme a questi artisti dediti alle pratiche della scena, proviamo a raccontare un presente complesso che accomuna l’intera umanità. Contro ogni forma di campanilismo xenofobo ed eversivo insinuatosi nel nostro Paese a legittimare respingimenti e leggi bavaglio, compiremo una discesa tra le pieghe di vissuti di donne, scoprendo ferite ancora sanguinanti e affidandoci ai loro sguardi andremo a sbendare piaghe mai sanate che bruciano da sempre rimbalzando da un corpo all’altro, oltre le differenze di genere. Anche quest’anno il festival lascia emergere delle tracce attraverso linguaggi disomogenei, dai codici della comunicazione giovanile invischiati nel magma consumistico che disintegra coscienze e sentimenti di Ricci/Forte, alla rilettura del mito di Antigone che ne fa Motus trasportandolo in una contemporaneità in cui urge la rivolta, passando da un classico della stupidità umana rielaborato da Federica Santoro che dall’Otello shakespeariano sintetizza il confronto tra la docile Desdemona e il suo alter ego di sottile quanto inutile scaltrezza, Emilia. Di un altro limpido pensiero presto intorbidito dal cigolio dei carri armati ci ricorda Alessandra Crocco, per poi sfociare nel sofisticato e doloroso cabaret di Gigi Borruso raccoglitore di voci innocenti e segregate, come sono innocenti quei volti di spose bambine protagoniste del video di Pizzicato e Piotrowicz. Fino alla delicatezza di Rita Maffei che si fa bambina anche lei per testimoniare le atrocità quotidiane in un Sudafrica devastato dall’apartheid. E qui restiamo con una surreale Nelisiwe Xaba, danzatrice e coreografa di Soweto, ora che si sono spenti i riflettori mediatici sugli stadi di calcio, illuminiamo la memoria di Sara Baarthman, giovane donna esibita senza pietà nei freak show europei del XIX secolo, emblema delle infinite violenze perpetrate dal colonialismo sui popoli non solo dell’Africa. Ieri come oggi, nelle attuali mutazioni dello sfruttamento del lavoro e delle risorse.