a1n10maraMilano – Si intitola Fare teatro. 1966-2000 ed è pubblicata da Rizzoli Editore la prima raccolta completa della produzione teatrale di Dacia Maraini uscita da poco in libreria. Due volumi di un materiale sconfinato – per molta parte inedito e non ancora messo in scena – scritto dalla drammaturga in trentaquattro anni di lavoro ininterrotto e maturato insieme alla sua eclettica attività di narratrice, traduttrice, adattatrice di romanzi. Milleseicento pagine (Lire 120.000) dove trovano spazio quaranta pièce che corrono parallele alla storia del teatro italiano contemporaneo e in cui si affacciano, mirabilmente intrecciati tra loro, personaggi del passato e del presente. Donne, soprattutto, in perenne conflitto con se stesse e con il mondo le quali non rinunciano a raccontarsi pur di testimoniare torti subiti e sofferenze arrecate. Si tratti di Clitennestra o di Maria Stuarda, di Camille Claudel o di Santa Caterina da Siena, di Charlotte Corday o di suor Inés de la Cruz, tutte senza distinzione si caratterizzano, infatti, per un insolito spirito ribelle che le porta ad uscire allo scoperto e a rompere il muro del silenzio, troppo spesso emblema di un universo femminile contaminato dal disagio e dalla sopraffazione. Vittime e carnefici, sante e prostitute, figure della fantasia e della storia, eroine della mitologia e della cronaca, le protagoniste del teatro di Dacia Maraini formano una folta schiera “multicolore” e “multianima” che è il frutto naturale della passione e dell’impegno civile dell’autrice, passata indenne dalla scena sperimentale degli anni Sessanta a quella d’impronta politica degli anni Settanta per approdare, infine, tra il 1980 ad oggi, nei circuiti ufficiali con tanto di stucchi dorati e palchetti. Vicina all’avanguardia senza esserne condizionata; affascinata dai classici, ma capace di mantenere la sua autonomia espressiva; gratificata dal successo eppure sempre pronta a gridare al mondo le ingiustizie politiche e sociali, la drammaturga, con lo stesso coraggio delle sue donne, ha sempre cercato <<se non di cambiare il mondo, di aiutare lo spettatore a pensare come dovrebbe essere>>. Un bisogno al quale non ha mai rinunciato e che costituisce il “filo rosso” dei due prestigiosi volumi, segnati dalla diversità (su di essi è impresso il mutamento dei tempi) e dalla coerenza (il tema dell’emancipazione femminile non è cessato di risuonare neanche nel recente Nella città l’inferno, allestito al Teatro Valle di Roma) mai disgiunte dall’amore per il teatro e dall’umile lavoro artigianale degli anni d’apprendistato. <<Ho patito troppo e ho speso troppo in energia e in denaro – scrive l’autrice con sottile nostalgia nell’introduzione all’opera – per avere voglia di ripetere quelle esperienze. Tuttavia, se dovessi tornare indietro ricomincerei da dove ho cominciato: formando piccole compagnie, fondando teatri di cantina, litigando con gli attori, recitando per strada, riscrivendo i testi sulle assi del palcoscenico, aiutando il tecnico delle luci …>>.