LA DANZA VERTICALE DELL’ARCHITETTURA

06.09.2000 | Roberto Canziani
Alla ventesima edizione degli Incontri internazionali Oriente Occidente di Rovereto: crisi francese e specialità italiana
a1n21rov1ROVERETO (TN) – Pericolosamente, la figurina scura scivola lungo la grondaia. Flirta con i cornicioni. Accarezza i dettagli della facciata: riquadri di finestre, parapetti, spioventi. Ad ogni piano, un piccolo spettacolo.
Servizio a tutti i piani si intitola la performance del francese Antoine Le Menestrel, scalatore funambolo che trascura le pareti di roccia per sfidare palazzi storici e monumenti. Un castello, un municipio, un teatro, ma anche i tetti e i balconi di un condominio qualsiasi vanno bene per improvvisare nel vuoto una delle sue gag, un passo di danza a trenta metri d’altezza. Il pubblico che lo segue dai marciapiedi col respiro sospeso confida nella tenuta dei davanzali, che Le Menestrel utilizza come palcoscenici per la sua “danza verticale”. Dieci anni fa ha fatto parte dei Roc in Lichen, un gruppo di scalatori-coreografi che letteralmente ribaltavano il verso della danza. Ora la sua compagnia si chiama Lézards Bleus, come le lucertole che si muovono prensili sulle pareti degli edifici.
a1n21rov2A Rovereto, dov’è in corso fino a domenica 11 settembre la ventesima edizione del festival Oriente Occidente, Servizio a tutti i piani viene offerto come un controcanto ad un più serioso programma dedicato a danza e architettura. Lo ha inaugurato il coreografo belga Frédéric Flamand con un lavoro nato dall’incontro con Zaha Hadid, l’inventiva architetta irachena che ha collaborato alla creazione del Millennium Dome di Londra e ha vinto i concorsi per i musei d’arte contemporanea di Cincinnati e di Roma. Decorato da ponti mobili e attraversato da flussi che vorrebbero riprodurre l’”universo simbiotico” urbano, la loro creazione Metapolis sviluppa una riflessione sulle dinamiche della città contemporanea, un po’ troppo approssimativa per dare un contributo credibile al tema e piena di autocompiacimento per gli effetti grafici e le video-trovate. E’ Il limite di molta coreografia d’area francese che è di casa qui a Rovereto, e ci informa – anche nella personale dedicata a Claude Brumachon e nei tanghi e nei valzer rielaborati da Catherine Berbessou – del momento di crisi che si sta vivendo oltralpe.
a1n21rov3Promette molto di più il lavoro della compagnia L’Impasto, che continua a segnalarsi sugli orizzonti della ricerca italiana per la propria specialità. In più tappe stanno preparando un nuovo spettacolo L’agenda di Seattle e Rovereto ne ospita, tra giovedì 14 e sabato 16, un segmento di studio. Il sottotitolo “Intrusione teatrale nello spazio pubblico” chiarisce in che cosa consiste la nuova frontiera del gruppo, già noto per le acide panoramiche padane di Skankrèr, Home Balom e Terra di burro e per l’esperimento di Trionfo Anonimo. Alessandro Berti e Michela Lucenti, le anime del gruppo, annunciano adesso interventi di nomadismo poetico e militante dentro i temi del presente, da attuare in modi “politicamente scorretti”. Qui per esempio si è assistito a una loro intrusione coreografica presso le casse di un supermarket. L’irrompere completamente inatteso del gesto-artificio in una situazione di quotidianità neutrale, tra i carrelli colmi di spesa di un sabato pomeriggio, non è stato invisibile né senza clamori. Si è interrotto anzi con l’intervento delle forze dell’ordine e con la stesura di un verbale di contravvenzione quantomeno insolito. Forse per superamento dei limiti di teatralità.

 

Dopo lo studio di Rovereto, L’agenda di Seattle prevede un ulteriore lavoro di preparazione a Ferrara e il debutto, al Teatro Comunale, il 28 novembre 2000.