a1n15tore1Grottaglie (TA) – Teatro della Fede – Canto di Anime e Corpi, anno secondo. Nel Parco delle Cave di Grottaglie, in località Fantiano, dal 6 al 9 luglio, il Gruppo dell’Arca e l’associazione Immagine presentano Giovanni di Ciro Lenti, libera ricostruzione del giorno successivo alla decollazione di San Giovanni Battista, regia Alfredo Traversa.
Il Teatro della Fede, nasce dall’esigenza di individuare, all’interno di una Città, un Tempio, quale spazio sacro per tutti i cittadini, al di là di barriere religiose e culturali. La città, il luogo della materialità, del consumismo, dello spreco umano, diventa anche luogo dove, chi lo desidera, può sperimentare un diverso modo di ricercare, nel proprio intimo, l’equilibrio interiore, al fine di riconsolidare le proprie tracce, smarrite, della Fede.
Il tentativo è di fare del Teatro il luogo di aggregazione di una intera Comunità. Tema dominante del progetto è la relazione dell’uomo con il significato spirituale della vita, ricerca di una verità dell’esistenza. Un Teatro che permetta, quindi, un sempre maggiore rapporto tra chi esercita un mistero dell’Arte, della Fede e chi vuole parteciparvi (leggi, l’attore-spettatore). Da qui l’importanza fondamentale del luogo deputato, il Tempio-Teatro. Il Teatro della Fede nasce a ridosso della cinta urbana di Grottaglie, in un parco pubblico dall’estensione di sei ettari, tra ulivi secolari e insediamenti rupestri, nello spazio di una cava abbandonata. Qui, un immenso altare, una grande arca e i resti di una antica città costituiscono lo spazio scenico.
a1n15tore2In Giovanni, la folle volontà di una ballerina ancora bambina, la figliastra Salomè, spinge il Tetrarca a commettere il più sacrilego dei delitti: la decollazione di Giovanni, detto il Battista, il Profeta dei Profeti. Il giorno successivo, la sala del trono – ancora macchiata di sangue – si svela agli occhi ebbri dei protagonisti quale impietosa, inesorabile testimonianza del loro incancellabile peccato. E’ l’ora del giudizio, della resa dei conti.
La consapevolezza di una ineluttabile catastrofe scuote l’animo della famiglia reale. L’ombra dell’Angelo Vendicatore, inviato da Dio in persona, aleggia sulla sontuosa dimora. La tensione dell’animo dei protagonisti, l’insopportabile peso del loro rimorso, che alla fine li condurrà alla follia, è il registro stesso della tragedia che ripropone, traendola dal Mito, la crisi di una famiglia, privatasi di ogni ideale, di ogni valore. E, in quel giorno di sventura, resta nelle loro mani solo l’oggetto morto: <<il capo senza più vita del Profeta>>.
Ma lo spirito di Giovanni aleggia ormai sopra di loro. Inafferrabile. Irraggiungibile.
<< Abbiamo aperto una porta sulla strada – dice il Gruppo dell’Arca – Accogliamo chiunque entri, di qualsiasi nazionalità, religione, cultura, con qualsiasi problema sociale>>. Dopo aver frequentato accademie e botteghe varie, lavorato in Italia ed all’estero in teatro e in Rai, alcuni componenti del Gruppo dell’Arca decidono di sperimentare ciò che hanno a lungo studiato, ma raramente provato sul palcoscenico.
Ma, in una realtà che manca di edifici teatrali, di compagnie e finanche di attori, necessita una scelta radicale: (ri)partire dal nulla. L’importante non è cercare forme nuove, ma ripulire l’anima ed il corpo dell’attore. Ripartire dall’incoscienza e dalla semplicità. Come nodale è trovare un luogo non nascosto, non per pochi, non chiuso, con diversi significati, aperto a molteplici interpretazioni. Un luogo anch’esso ricco di incoscienza e di semplicità. Un luogo per tutti. E anche il tipo di espressione artistica deve risentire nei contenuti di una continua ricerca, narrare di un costante cammino che l’uomo fa per avvicinarsi al senso del Creato. Ecco il Teatro della Fede. <<Siamo comparsi il primo agosto 1999. Abbiamo ripulito una ex discarica nel parco delle cave di Grottaglie. Qui abbiamo portato per tre sere consecutive alcune centinaia di cittadini ed abbiamo parlato loro con le parole dei poeti tedeschi, del Corano, di David Maria Turoldo, di Vittorio Messori, di Santa Scorese, di Ennio Morricone, di Bach, di Sant’Agostino… Abbiamo, forse, fatto teatro. Abbiamo dato spazio al silenzio, elemento fondamentale della Fede e di un qualsiasi testo teatrale. Nel gennaio 2000 siamo entrati in un hangar della Marina Militare, tra aerei da guerra, casse di esplosivo, mezzi di trasporto, in duemila metri quadri. Siamo entrati con le nostre speranze, con la cultura ebraica, con la nostra cultura popolare, con giovani albanesi vestiti da marinai italiani che, in albanese, ci spiegavano le speranze della loro vita. Siamo entrati con anziani e bambini, con ciechi e malati. Siamo entrati con Dante Alighieri. Eravamo in sessantadue. Siamo entrati in un luogo di guerra. Abbiamo vissuto con comandanti ed ammiragli, prefetti e ministri, la stessa emozione, lo stesso sconforto, la stessa speranza. Ora abbiamo quasi un anno di vita. Vogliamo nutrirci e crescere con il teatro etico. Forse una delle dimensioni più importanti per il teatro del nuovo millennio. Sappiamo di correre il rischio di intrappolarci nelle parole, nei pensieri. Ma abbiamo dalla nostra le esperienze fondamentali dell’essere attore. Abbiamo dalla nostra la purezza degli allievi del laboratorio. E, in ultimo, abbiamo la consapevolezza che per fare ciò stiamo rinunciando ai soldi, ai compensi, vivendo di aiuti e di fede>>. Teatro come sinonimo di Fede. Teatro come Occasione.